Da Repubblica
L´Unione europea punta sull´ecobusiness energetico per uscire dalla crisi. Gli Stati Uniti investiranno 150 miliardi di dollari in dieci anni per le tecnologie pulite. La Cina, che pure resta l´inquinatore numero uno, nel 2007 ha stanziato 12 miliardi di dollari sulle energie rinnovabili. L´Italia corre in direzione opposta: cerca di attenuare le misure salva-clima, taglia i fondi per combattere gli sprechi, vuole aumentare la quota di carbone. E perde colpi. Nella classifica del German Watch, il rapporto sugli interventi anti-gas serra di 57 paesi, l´Italia è scivolata dal trentunesimo posto del 2007 al quarantunesimo del 2009 (è formalmente al numero 44, ma i primi tre posti restano vuoti perché nessun governo li ha meritati). A guidare la corsa sono Svezia, Germania e Francia. Nelle ultime posizioni troviamo gli Stati Uniti di Bush, il Canada del voltafaccia sul clima e l´Arabia Saudita. A 11 anni dalla firma del protocollo di Kyoto, in Italia non si vede traccia di riduzione delle emissioni serra: a fronte di un impegno a tagliarle del 6,5 per cento rispetto ai livelli del 1990, sono aumentate del 12 per cento. Del resto sarebbe difficile immaginare un esito diverso con un sistema di trasporti squilibrato a favore della gomma, decenni di edilizia fatta di quantità e non di qualità, un´industria che ha perso competitività sul fronte dell´efficienza energetica. «A salvare l´Italia dall´ultimo posto», sottolinea Alberto Fiorillo, portavoce di Legambiente, «sono state misure come il conto energia per la promozione del fotovoltaico e gli sgravi fiscali del 55 per cento per l´efficienza energetica. Proprio le misure finite nel mirino del governo, che ha eliminato sia l´obbligo della certificazione energetica degli edifici che gli incentivi al 55 per cento».
giovedì 11 dicembre 2008
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