Produrre più energia, a costi più bassi e con meno emissioni. Per fare quadrare questo cerchio, i dieci più grandi produttori elettrici del pianeta, riuniti nell’E8, avvisano i governi in vista del G8 di luglio: servirà un forte salto tecnologico e giganteschi investimenti; di sicuro l’elettricità non potrà essere più prodotta e consumata come si è fatto finora. Ma per muovere i capitali «sarà necessario un impegno politico senza precedenti e soluzioni che si basino su un insieme di strumenti, posto che non esiste un’unica via, “miracolistica”, che possa risolverli da sola». «Sicuramente la sfida dell’energia sarà “il” problema del nostro futuro spiega il presidente dell’Enel Piero Gnudi, in qualità di presidente dell’E8 ed anche se ora assistiamo ad un forte calo della domanda dovuto alla crisi globale, è certamente un problema che si riproporrà presto. Non dobbiamo dimenticarci che solo sei mesi fa, in giugno, il petrolio viaggiava oltre i 120 dollari al barile. Per questo dobbiamo cercare di trovare ora delle risposte: di fronte abbiamo investimenti che richiedono molti anni per dispiegare i loro effetti positivi». L’E8, non a caso, ha convocato il suo summit annuale a Roma, il 4 giugno. Ci saranno i big europei (oltre all’Enel, Edf e Rwe), americani (Aep e Duke Energy), canadesi (Hydro Québec e Opg), giapponesi (Tepco e Kansai) oltre alla russa Jsc RusHydro. Ma il vertice è stato allargato anche a Cina, India, Brasile, Messico, Sud Africa ed Egitto.L’analisi dei principali produttori, racchiusa in un primo documento (Deployment of climate change technologies in the electricity sector) già messo a punto, parla chiaro. «Le tecnologie oggi dispobnibili vi è scritto non sono tutte ad un identico livello di maturità». L’analisi dell’E8 non esclude l’eolico e il gas a ciclo combinato, ma per il dopo Kyoto punta le sue carte soprattutto su nucleare, carbone pulito e i grandi impianti idroelettrici. Più in avanti, entrano in scena carbone con cattura della Co2, nucleare di IV generazione e fotovoltaico.«Bisogna puntare sul mix delle fonti oggi a disposizione aggiunge Gnudi e fare uno sforzo tecnologico per renderle compatibili con gli obiettivi ambientali. Per il carbone, che rappresenta ancora un terzo dell’energia usata sul pianeta, la strada per il sequestro della Co2 è stata trovata ma richiederà ancora investimenti. Dappertutto nel mondo si sta tornando al nucleare anche per diversificare il rischio di approvvigionamento. Questo, dal lato dell’offerta. Da quello della domanda, non si può fare a meno del risparmio energetico». Anche le rinnovabili hanno un peso nell’analisi dei 10 Grandi. «L’avallo del presidente Obama sul greenpower quale strumento di rilancio dell’economia osserva ancora Gnudi è molto importante».Gli investimenti in ballo sono colossali. «Si stima un valore superiore ai 13.000 miliardi di dollari di investimenti richiesti entro il 2030», inclusi gas e petrolio, afferma Gnudi. «E’ quattro volte il valore investito nella seconda metà del XX secolo», è scritto nel documento dell’E8. «Per attrarre i capitali necessari conclude Gnudi ai governi chiediamo regole e incentivi precisi, duraturi e stabili». Tra gli incentivi, prezzi che includano il “costo Co2” e un mercato dei Cdm (Clean development mechanism) che includa anche i Paesi emergenti. «Questo dei Cdm è un mercato che ha mosso 80 miliardi, in un solo anno. Ma in futuro farà cifre impressionanti. Va allargato soprattutto per coinvolgere anche i Paesi della sponda Sud del Mediterraneo». (Da Il Messaggero)
A questo link, potete leggere cosa ne pensa dell'energia responsabile Paolo Scaroni, amministratore delegato dell'Eni.
martedì 7 aprile 2009
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