martedì 25 novembre 2008

L’auto è ecologica, ma la fabbrica ancora di più

Da Affari & Finanza

«Il nostro pensiero ambientalista va più in profondità che il semplice costruire un’auto ibrida». Così inizia un messaggio pubblicitario della Toyota on air in questi giorni su tutte le tv americane. «Il nostro nuovo impianto nel Mississippi, che comincerà a produrre auto ibride Prius nel 2010, è in costruzione con tutti materiali riciclati o comunque ecocompatibili, darà luogo praticamente a zero emissioni di biossido di carbonio nell’atmosfera, consumerà meno acqua, funzionerà quasi completamente con fonti energetiche rinnovabili».E’ la nuova frontiera dell’auto ibrida, cioè quella che va a benzina e/o a corrente elettricca. La crisi dell’auto e la caduta del prezzo del petrolio non sembrano fermare l’ascesa dei veicoli ibridi. Sembra resistere, dunque, la vocazione ecologica dell’auto: avallata dai bilanci dei fabbricanti più che dalla moda o dalle ideologie di marketing. E il colore green non permea soltanto il prodotto finito, perché comincia a coprire anche la filiera di produzione. Il risparmio energetico, il taglio delle emissioni di CO2 e l’impiego di fonti rinnovabili incidono ormai positivamente sulla competitività dei produttori. È la sfida verde alla crisi dell’auto? Forse. E Toyota insegna.In tema di ibrido, un nome per tutti è presente sul mercato: Prius, la vettura del gigante nipponico che per prima nel suo genere è stata proposta al consumo di massa. Dal 1997, Prius ha venduto in tutto il mondo 1,5 milioni di pezzi. Ma come funziona, più in generale, un veicolo ibrido? In esso il motore elettrico e quello a carburante coesistono, ma in modi differenti. Ce ne sono sostanzialmente due tipi. Nei sistemi che lavorano in serie, l’uso dei due motori non è contemporaneo: il motore a carburante genera la corrente per alimentare il motore elettrico, collegato alle ruote. L’energia superflua consente di ricaricare le batterie: il che permette di spegnere il motore a benzina e di utilizzare, con autonomia variabile, soltanto il motore elettrico, interamente ecologico.Nei sistemi che funzionano in parallelo, invece, i due tipi di generazione della trazione posso lavorare simultaneamente. Naturalmente, il motore a carburante è utilizzato anche per ricaricare le batterie: lo scopo è sempre quello di consentire il più possibile l’autonomia del motore elettrico. Dunque, automobili quasielettriche col sogno ultimo di emanciparsi completamente dal petrolio. E ora l’ultima frontiera, come testimonia l’evoluzione della Prius, è l’ibrida cosiddetta "plugin", ovvero con più potenti batterie, ricaricabili in appositi punti di rifornimento. Gli Stati Uniti sono diventati per Toyota un mercato sempre più permeabile, anche dal punto di vista della produzione: «Vogliamo produrre i veicoli nello stesso luogo in cui li vendiamo», è la filosofia dichiarata. Un giro, quello delle fabbriche impiantate negli Stati Uniti, da 36 mila posti di lavoro, con un indotto da 29 miliardi di dollari. E nel 2007 sono cominciati i lavori di costruzione del fiore all’occhiello: è l’impianto di Blue Springs, nel nordovest del Mississipi di cui si parlava in apertura. Uno stabilimento improntato alla filosofia green, dove non a caso si produrrà a partire dal 2010 la nuova Prius. Un investimento da 1,3 miliardi di dollari, per 2 mila posti di lavoro: per l’esattezza, quello di Blue Springs sarà il primo degli 11 impianti Usa per la produzione della Prius. Già oggi le fabbriche statunitensi del produttore giapponese aderiscono ad un codice ecologico aziendale, l’Environmental Action Plan, con esiti vistosi: un risparmio di elettricità nella catena di montaggio del 20%, cui si aggiunge un’attenzione specifica allo smaltimento dei rifiuti industriali e un risparmio nel consumo di acqua pari al 30%. E in uno stabilimento californiano, il 20% dell’energia viene dal fotovoltaico. Un’ispirazione che riguarda anche l’Europa, come dimostra la fabbrica superecologica di Valenciennes, Francia. Una corsa che non si ferma, quella dell’auto ibrida: lo scorso maggio, sulla spinta dell’impennata petrolifera, anche la Honda, il secondo produttore giapponese, ha annunciato la vendita di 500 mila auto elettriche all’anno, a partire dal prossimo decennio. E significativa appare la mossa di MidAmerican Energy Holdings (la società di Warren Buffett, secondo Forbes l’uomo più ricco del mondo), che meno di due mesi fa ha acquistato il 10% della cinese BYD, leader della tecnologia per auto ibride. Anche nel Vecchio Continente i maggiori produttori si stanno preparando al varo di nuovi veicoli elettrici. Uno slancio che è alla base degli accordi stipulati in queste settimane dalla Edf, colosso francese dell’energia, con Peugeot Citroën e con la stessa Toyota: in particolare sugli standard per le batterie e sui punti di rifornimento per le "plugin".

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