Sarkozy vuole chiudere entro dicembre, dice il Corriere della Sera
Il negoziato sul pacchetto clima-energia sta arrivando alla stretta finale, meglio al suo momento della verità, anche se continua a non essere chiaro se alla fine il grande mercanteggiamento in corso si concluderà davvero con un accordo. La presidenza francese dell'Unione vuole assolutamente chiudere entro dicembre, tanto che già si ipotizza, qualora fallisse quello dell'11-12 dicembre a Bruxelles, un secondo vertice europeo per il 28 dicembre.Il tempo stringe, le scadenza incalzano: settimana prossima si riuniranno a Bruxelles i 27 ministri dell'Ambiente per fare il punto sulla trattativa, poi il 6 a Danzica il presidente francese Nicolas Sarkozy incontrerà i 9 paesi della coalizione dell'Est, capeggiata dalla Polonia, per cercare di vincerne le fortissime resistenze a un'intesa che,così come è,è giudicata inaccettabile per le prospettive di sviluppo delle rispettive economie, visti i costi proibitivi che la sfida ambientale imporrebbe ai rispettivi sistemi socio-economici.Obiezioni analoghe anche se niente affatto identiche a quelle dell'Italia. Poi l'8 a Bruxelles saranno i ministri degli Esteri Ue a tirare le conclusioni in vista del vertice dell'11-12. E comunque il 9, per non lasciar nulla di intentato, il cancelliere tedesco Angela Merkel volerà a Varsavia.Il pressing, insomma, si fa soffocante anche perchè i fautori dell'accordo temono che, se non si concluderà entro fine anno, con il passaggio della presidenza dell'Unione alla Repubblica Ceca a partire dal 1 gennaio, il negoziato si arenerà, visto il conclamato scetticismo di Praga sull'argomento.Dunque la partita per la riduzione entro il 2020 del 20% delle emissione di Co2, anche grazie al contributo del 20% delle rinnovabili e all'aumento del 20% dell'efficienza energetica, resta aperta.«Il successo non è garantito, siamo lontani da un'intesa esattamente come lo eravamo al vertice Ue di ottobre. È difficile capire come mai i paesi più ricchi che vogliono l'accordo non si muovano di un pollice» ha avvertito ieri a Bruxelles il ministro polacco degli Affari europei Mikolaj Dowgielewicz.
L'impegno sostenibile delle grandi imprese, vedi l'Eni
venerdì 28 novembre 2008
Risparmio energetico: dal 2010 addio alle vecchie lampadine
L'appuntamento decisivo sarà il prossimo 8 dicembre, a Bruxelles. Là il consiglio dei ministri europei deciderà, (dentro il pacchetto clima), anche del big bang dell'illuminazione per 500 milioni di cittadini europei. In pratica, a partire dal 2010, inizieremo a non trovare più, sugli scaffali dei negozi, le vecchie lampadine a incandescenza, ma solo quelle a risparmio energetico o a Led. Oppure, alternativamente (c'è una sotterranea azione di lobby in corso) troveremo ancora le vecchie lampadine a filamento, ma un po' più risparmiose (per circa un quarto dei loro consumi elettrici).
Nel primo caso dal 2011 in avanti inizieremo un percorso che, in pochi anni, ci porterà a risparmiare elettricità pari a circa 10 grandi centrali elettriche in Europa. Nel secondo solo una. Qualunque sarà la decisione di Bruxelles, la strada sembra segnata per l'industria dell'illuminazione. La vecchia lampada a incandescenza, con il suo stentato 10% di efficienza energetica, sparirà in Italia (salvo contrabbando) dal primo gennaio 2011, secondo il dispositivo approvato dal Governo nel 2007. E siamo in buona compagnia: altri 30 paesi hanno annunciato iniziative analoghe. E il mercato, spontaneamente, questo "phase-out" pare stia proprio facendoselo da sé. Su circa 400 milioni di sorgenti luminose italiane, ormai più del 10% è fatta di fluorescenti a risparmio energetico (25-30% di efficienza), vendute negli scorsi sei anni, a prezzi incentivati e non. Il grosso di un mercato dell'illuminazione che cresce lento, ma stabilmente all'1,5 per cento. E che, almeno nell'area professionale (la maggioranza delle vendite) vede, negli ultimi 12 mesi, le lampadine a incandescenza in crollo al ritmo di oltre il 20% annuo.
Nel primo caso dal 2011 in avanti inizieremo un percorso che, in pochi anni, ci porterà a risparmiare elettricità pari a circa 10 grandi centrali elettriche in Europa. Nel secondo solo una. Qualunque sarà la decisione di Bruxelles, la strada sembra segnata per l'industria dell'illuminazione. La vecchia lampada a incandescenza, con il suo stentato 10% di efficienza energetica, sparirà in Italia (salvo contrabbando) dal primo gennaio 2011, secondo il dispositivo approvato dal Governo nel 2007. E siamo in buona compagnia: altri 30 paesi hanno annunciato iniziative analoghe. E il mercato, spontaneamente, questo "phase-out" pare stia proprio facendoselo da sé. Su circa 400 milioni di sorgenti luminose italiane, ormai più del 10% è fatta di fluorescenti a risparmio energetico (25-30% di efficienza), vendute negli scorsi sei anni, a prezzi incentivati e non. Il grosso di un mercato dell'illuminazione che cresce lento, ma stabilmente all'1,5 per cento. E che, almeno nell'area professionale (la maggioranza delle vendite) vede, negli ultimi 12 mesi, le lampadine a incandescenza in crollo al ritmo di oltre il 20% annuo.
giovedì 27 novembre 2008
«Artigiano in Fiera» lancia Ecoabitare
Una nuova importante area che occuperà il Pad.7 all’interno del layout di Artigiano in Fiera. Le nuove normative pongono in grande rilevanza, in particolare per chi abita nella regione Lombardia, il tema della casa, delle sue fi niture, degli impianti e tutto ciò ad essa connesso in tema di sostenibilità ambientale. Da qui nasce EcoAbitare, una novità assoluta nel panorama fieristico italiano che si rivolge direttamente al consumatore fi nale. EcoAbitare presenta le innovazioni e le tecnologie necessarie per una casa a basso impatto ambientale e per il risparmio energetico.
Dal 29 novembre all'8 dicembre presso il Nuovo Polo Fieristico di Rho Pero
Dal 29 novembre all'8 dicembre presso il Nuovo Polo Fieristico di Rho Pero
Fluorescenti di massa
Secondo Paolo Scaroni, Ad dell'Eni,il futuro è nell'energia responsabile e la seguente notizia tratta da Il Sole 24Ore gli da ragione:
"L' appuntamento decisivo sarà il prossimo 8 dicembre, a Bruxelles. Là il consiglio dei ministri europei deciderà, (dentro il pacchetto clima), anche del big bang dell'illuminazione per 500 milioni di cittadini europei. In pratica, a partire dal 2010, inizieremo a non trovare più, sugli scaffali dei negozi, le vecchie lampadine a incandescenza, ma solo quelle a risparmio energetico o a Led. Oppure, alternativamente (c'è una sotterranea azione di lobby in corso) troveremo ancora le vecchie lampadine a filamento, ma un po' più risparmiose (per circa un quarto dei loro consumi elettrici).
Nel primo caso dal 2011 in avanti inizieremo un percorso che, in pochi anni, ci porterà a risparmiare elettricità pari a circa 10 grandi centrali elettriche in Europa. Nel secondo solo una. Qualunque sarà la decisione di Bruxelles, la strada sembra segnata per l'industria dell'illuminazione. La vecchia lampada a incandescenza, con il suo stentato 10% di efficienza energetica, sparirà in Italia (salvo contrabbando) dal primo gennaio 2011, secondo il dispositivo approvato dal Governo nel 2007. E siamo in buona compagnia: altri 30 paesi hanno annunciato iniziative analoghe...."
"L' appuntamento decisivo sarà il prossimo 8 dicembre, a Bruxelles. Là il consiglio dei ministri europei deciderà, (dentro il pacchetto clima), anche del big bang dell'illuminazione per 500 milioni di cittadini europei. In pratica, a partire dal 2010, inizieremo a non trovare più, sugli scaffali dei negozi, le vecchie lampadine a incandescenza, ma solo quelle a risparmio energetico o a Led. Oppure, alternativamente (c'è una sotterranea azione di lobby in corso) troveremo ancora le vecchie lampadine a filamento, ma un po' più risparmiose (per circa un quarto dei loro consumi elettrici).
Nel primo caso dal 2011 in avanti inizieremo un percorso che, in pochi anni, ci porterà a risparmiare elettricità pari a circa 10 grandi centrali elettriche in Europa. Nel secondo solo una. Qualunque sarà la decisione di Bruxelles, la strada sembra segnata per l'industria dell'illuminazione. La vecchia lampada a incandescenza, con il suo stentato 10% di efficienza energetica, sparirà in Italia (salvo contrabbando) dal primo gennaio 2011, secondo il dispositivo approvato dal Governo nel 2007. E siamo in buona compagnia: altri 30 paesi hanno annunciato iniziative analoghe...."
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mercoledì 26 novembre 2008
Gli esperti di clima a Poznan
La prossima COP14 della Convenzione delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici, sarà affiancata e sostenuta da un evento ideato da Econcern per discutere di business sostenibile contestualmente al dibattito dei più grandi temi ambientali ed energetici. Al Sustainable Energy Event di Econcern (che si terrà a Poznan, in Polonia, presso il World Trade Center, 112 dicembre) oltre trenta tra i più autorevoli esperti mondiali di sostenibilità ambientale (tra cui Lord Nicholas Stern, il Professor C.K. Prahalad e Ricardo Lagos) dibatteranno sulle concrete soluzioni offerte dalle imprese in relazione ai negoziati in corso.La COP14 Conference Of Parties (Conferenza delle Parti) è l’organo supremo di concertazione multilaterale previsto dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici, giunto quest’anno alla sua 14° edizione dopo l’entrata in vigore del trattato nel marzo 1994. L’evento, ideato da Econcern e supportato da numerose organizzazioni internazionali tra cui anche il Wwf e il Gold Standard, si pone l’obiettivo di legare al grande dibattito politicoeconomico sui temi ambientali ed energetici le soluzioni pratiche che il mondo imprenditoriale attivo nel settore è in grado di offrire, anche nell’attuale contesto di instabilità economicofinanziaria.Saranno indagati e approfonditi gli ultimi sviluppi in tutti gli ambiti dell’energia sostenibile, a partire dalle fonti rinnovabili come il vento, il sole e le maree fino al meccanismo dei carbon credits e alle tipologie di finanziamento dei progetti, al fine di rispondere in modo pragmatico agli stimoli che di volta in volta emergeranno dal dibattito politico della Conferenza Onu.Attraverso un intenso programma di 12 giorni composto da seminari, workshop e sessioni networking, e la partecipazione diretta dei più autorevoli esperti mondiali in materia, il Sustainable Energy Event di Econcern rappresenta l’occasione sia per condividere le opinioni delle voci più influenti sull’avanzamento della politica mondiale dei cambiamenti climatici e del Protocollo di Kyoto, sia per conoscere le soluzioni concrete che tecnologia e knowhow sono in grado di offrire alle esigenze di riduzione di emissioni e di risparmio energetico.
tratto da "Affari & Finanza" (La Repubblica)
tratto da "Affari & Finanza" (La Repubblica)
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Il riscaldamento non divide le spese
da "Il Sole 24 Ore"
Le spese comuni per la sostituzione dell'impianto di riscaldamento centralizzato, con impianti di riscaldamento autonomo a risparmio energetico installati in ogni appartamento, devono essere sostenute da tutti i condomini, anche da chi non installa le nuove caldaie.Lo stabilisce la Corte di cassazione (sentenza 27822) condannando i condomini di una palazzina di Bari a pagare il costo della nuova canna fumaria. In precedenza, invece, la Corte d'appello aveva dato ragione a due condomini, che non volevano contribuire alle spese poichè non si erano dotati di impianto autonomo a gas, ma continuavano a rimanere agganciati a quello centralizzato a gasolio. Dando ragione al condominio – che chiedeva di dividere le spese tra tutti i residenti – la Corte rileva che in base alla legge del 1991 (modificata dal decreto legislativo 311/2006) sul risparmio energetico «è consentito alla maggioranza dei condomini, escludendo la necessità dell'unanimità, di decidere la dismissione dell'impiantodi riscaldamento centralizzato e la sostituzione con impianti autonomi». «Ne consegue che – aggiunge la Cassazione – non è più consentito alla minoranza dissidente di mantenere in esercizio il dismesso impianto, risolvendosi una tale eventualità in un dispendio maggiore di energia e non in quel risparmio perseguito dalla legge». Pertanto «è evidente che sia obbligatorio per tutti i condomini partecipare alla spese per l'installazione della nuova canna fumaria, costituente bene comune perchè obbligatoriamente prevista per l'esercizio dei singoli impianti autonomi di riscaldamento».
vedi anche "Energia responsabile", intervista a Paolo Scaroni amministratore delegato dell'Eni
Le spese comuni per la sostituzione dell'impianto di riscaldamento centralizzato, con impianti di riscaldamento autonomo a risparmio energetico installati in ogni appartamento, devono essere sostenute da tutti i condomini, anche da chi non installa le nuove caldaie.Lo stabilisce la Corte di cassazione (sentenza 27822) condannando i condomini di una palazzina di Bari a pagare il costo della nuova canna fumaria. In precedenza, invece, la Corte d'appello aveva dato ragione a due condomini, che non volevano contribuire alle spese poichè non si erano dotati di impianto autonomo a gas, ma continuavano a rimanere agganciati a quello centralizzato a gasolio. Dando ragione al condominio – che chiedeva di dividere le spese tra tutti i residenti – la Corte rileva che in base alla legge del 1991 (modificata dal decreto legislativo 311/2006) sul risparmio energetico «è consentito alla maggioranza dei condomini, escludendo la necessità dell'unanimità, di decidere la dismissione dell'impiantodi riscaldamento centralizzato e la sostituzione con impianti autonomi». «Ne consegue che – aggiunge la Cassazione – non è più consentito alla minoranza dissidente di mantenere in esercizio il dismesso impianto, risolvendosi una tale eventualità in un dispendio maggiore di energia e non in quel risparmio perseguito dalla legge». Pertanto «è evidente che sia obbligatorio per tutti i condomini partecipare alla spese per l'installazione della nuova canna fumaria, costituente bene comune perchè obbligatoriamente prevista per l'esercizio dei singoli impianti autonomi di riscaldamento».
vedi anche "Energia responsabile", intervista a Paolo Scaroni amministratore delegato dell'Eni
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martedì 25 novembre 2008
Solare e auto verdi per vincere la sfida del clima
Auto verdi per vincere la sfida ambientale, una strada sulla quale cercano di indirizzarsi anche i big del petrolio, vedi l'Eni guidata da Paolo Scaroni
Da Affari & Finanza
Il dato più curioso viene dall’Austria: una centrale nucleare verrà trasformata in un parco fotovoltaico. Succederà a Zwentendorf, un impianto chiuso negli anni Settanta senza aver svolto un giorno di attività in seguito ad un referendum popolare che scelse il no al nucleare. L’azienda elettrica ENV ha deciso di ricoprire di pannelli fotovoltaici l’intera centrale e i terreni vicini: si riuscirà così a soddisfare le esigenze energetiche di un migliaio di abitazioni.
Anche in Italia la concretezza delle prospettive offerte dall’efficienza energetica e dalle rinnovabili viene contrapposta ai rischi, anche economici, degli investimenti sul nucleare in un appello che un gruppo di scienziati, tra cui l’accademico dei Lincei Vincenzo Balzani, ha rivolto al governo: «L’Italia non ha combustibili fossili e neppure uranio, ma ha una grande risorsa inspiegabilmente non utilizzata: il sole. L’Italia ha più sole dell’Austria, ma ha una superficie pro capite di pannelli solari termici 20 volte meno estesa. L’Italia ha più sole della Germania, ma la potenza fotovoltaica pro capite installata in Germania è 30 volte maggiore. Fa specie che nel nostro paese, dove l’unica risorsa energetica ampiamente disponibile è proprio il sole, molti politici e industriali non si siano ancora accorti che l’attuale crisi energetica offre al nostro paese una grande opportunità che paesi meno ricchi di sole hanno già colto, sviluppando nuove industrie e creando nuove forme di occupazione».
Il rilancio delle rinnovabili va nella direzione dell’aumento dell’autosufficienza energetica sollecitato dalla Ue. Secondo il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, visto che nell’ultimo anno il prezzo dell’energia è aumentato mediamente del 15 per cento nell’Unione europea e che il 54 per cento dell’energia utilizzata in Europa viene importato, occorrono «misure che migliorino l’efficienza energetica e riducano la nostra dipendenza dalle importazioni per raggiungere l’obiettivo del 202020» (20 per cento in più di efficienza energetica, 20 per cento di fonti rinnovabili, 20 per cento di gas serra in meno).
Da Affari & Finanza
Il dato più curioso viene dall’Austria: una centrale nucleare verrà trasformata in un parco fotovoltaico. Succederà a Zwentendorf, un impianto chiuso negli anni Settanta senza aver svolto un giorno di attività in seguito ad un referendum popolare che scelse il no al nucleare. L’azienda elettrica ENV ha deciso di ricoprire di pannelli fotovoltaici l’intera centrale e i terreni vicini: si riuscirà così a soddisfare le esigenze energetiche di un migliaio di abitazioni.
Anche in Italia la concretezza delle prospettive offerte dall’efficienza energetica e dalle rinnovabili viene contrapposta ai rischi, anche economici, degli investimenti sul nucleare in un appello che un gruppo di scienziati, tra cui l’accademico dei Lincei Vincenzo Balzani, ha rivolto al governo: «L’Italia non ha combustibili fossili e neppure uranio, ma ha una grande risorsa inspiegabilmente non utilizzata: il sole. L’Italia ha più sole dell’Austria, ma ha una superficie pro capite di pannelli solari termici 20 volte meno estesa. L’Italia ha più sole della Germania, ma la potenza fotovoltaica pro capite installata in Germania è 30 volte maggiore. Fa specie che nel nostro paese, dove l’unica risorsa energetica ampiamente disponibile è proprio il sole, molti politici e industriali non si siano ancora accorti che l’attuale crisi energetica offre al nostro paese una grande opportunità che paesi meno ricchi di sole hanno già colto, sviluppando nuove industrie e creando nuove forme di occupazione».
Il rilancio delle rinnovabili va nella direzione dell’aumento dell’autosufficienza energetica sollecitato dalla Ue. Secondo il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, visto che nell’ultimo anno il prezzo dell’energia è aumentato mediamente del 15 per cento nell’Unione europea e che il 54 per cento dell’energia utilizzata in Europa viene importato, occorrono «misure che migliorino l’efficienza energetica e riducano la nostra dipendenza dalle importazioni per raggiungere l’obiettivo del 202020» (20 per cento in più di efficienza energetica, 20 per cento di fonti rinnovabili, 20 per cento di gas serra in meno).
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L’auto è ecologica, ma la fabbrica ancora di più
Da Affari & Finanza
«Il nostro pensiero ambientalista va più in profondità che il semplice costruire un’auto ibrida». Così inizia un messaggio pubblicitario della Toyota on air in questi giorni su tutte le tv americane. «Il nostro nuovo impianto nel Mississippi, che comincerà a produrre auto ibride Prius nel 2010, è in costruzione con tutti materiali riciclati o comunque ecocompatibili, darà luogo praticamente a zero emissioni di biossido di carbonio nell’atmosfera, consumerà meno acqua, funzionerà quasi completamente con fonti energetiche rinnovabili».E’ la nuova frontiera dell’auto ibrida, cioè quella che va a benzina e/o a corrente elettricca. La crisi dell’auto e la caduta del prezzo del petrolio non sembrano fermare l’ascesa dei veicoli ibridi. Sembra resistere, dunque, la vocazione ecologica dell’auto: avallata dai bilanci dei fabbricanti più che dalla moda o dalle ideologie di marketing. E il colore green non permea soltanto il prodotto finito, perché comincia a coprire anche la filiera di produzione. Il risparmio energetico, il taglio delle emissioni di CO2 e l’impiego di fonti rinnovabili incidono ormai positivamente sulla competitività dei produttori. È la sfida verde alla crisi dell’auto? Forse. E Toyota insegna.In tema di ibrido, un nome per tutti è presente sul mercato: Prius, la vettura del gigante nipponico che per prima nel suo genere è stata proposta al consumo di massa. Dal 1997, Prius ha venduto in tutto il mondo 1,5 milioni di pezzi. Ma come funziona, più in generale, un veicolo ibrido? In esso il motore elettrico e quello a carburante coesistono, ma in modi differenti. Ce ne sono sostanzialmente due tipi. Nei sistemi che lavorano in serie, l’uso dei due motori non è contemporaneo: il motore a carburante genera la corrente per alimentare il motore elettrico, collegato alle ruote. L’energia superflua consente di ricaricare le batterie: il che permette di spegnere il motore a benzina e di utilizzare, con autonomia variabile, soltanto il motore elettrico, interamente ecologico.Nei sistemi che funzionano in parallelo, invece, i due tipi di generazione della trazione posso lavorare simultaneamente. Naturalmente, il motore a carburante è utilizzato anche per ricaricare le batterie: lo scopo è sempre quello di consentire il più possibile l’autonomia del motore elettrico. Dunque, automobili quasielettriche col sogno ultimo di emanciparsi completamente dal petrolio. E ora l’ultima frontiera, come testimonia l’evoluzione della Prius, è l’ibrida cosiddetta "plugin", ovvero con più potenti batterie, ricaricabili in appositi punti di rifornimento. Gli Stati Uniti sono diventati per Toyota un mercato sempre più permeabile, anche dal punto di vista della produzione: «Vogliamo produrre i veicoli nello stesso luogo in cui li vendiamo», è la filosofia dichiarata. Un giro, quello delle fabbriche impiantate negli Stati Uniti, da 36 mila posti di lavoro, con un indotto da 29 miliardi di dollari. E nel 2007 sono cominciati i lavori di costruzione del fiore all’occhiello: è l’impianto di Blue Springs, nel nordovest del Mississipi di cui si parlava in apertura. Uno stabilimento improntato alla filosofia green, dove non a caso si produrrà a partire dal 2010 la nuova Prius. Un investimento da 1,3 miliardi di dollari, per 2 mila posti di lavoro: per l’esattezza, quello di Blue Springs sarà il primo degli 11 impianti Usa per la produzione della Prius. Già oggi le fabbriche statunitensi del produttore giapponese aderiscono ad un codice ecologico aziendale, l’Environmental Action Plan, con esiti vistosi: un risparmio di elettricità nella catena di montaggio del 20%, cui si aggiunge un’attenzione specifica allo smaltimento dei rifiuti industriali e un risparmio nel consumo di acqua pari al 30%. E in uno stabilimento californiano, il 20% dell’energia viene dal fotovoltaico. Un’ispirazione che riguarda anche l’Europa, come dimostra la fabbrica superecologica di Valenciennes, Francia. Una corsa che non si ferma, quella dell’auto ibrida: lo scorso maggio, sulla spinta dell’impennata petrolifera, anche la Honda, il secondo produttore giapponese, ha annunciato la vendita di 500 mila auto elettriche all’anno, a partire dal prossimo decennio. E significativa appare la mossa di MidAmerican Energy Holdings (la società di Warren Buffett, secondo Forbes l’uomo più ricco del mondo), che meno di due mesi fa ha acquistato il 10% della cinese BYD, leader della tecnologia per auto ibride. Anche nel Vecchio Continente i maggiori produttori si stanno preparando al varo di nuovi veicoli elettrici. Uno slancio che è alla base degli accordi stipulati in queste settimane dalla Edf, colosso francese dell’energia, con Peugeot Citroën e con la stessa Toyota: in particolare sugli standard per le batterie e sui punti di rifornimento per le "plugin".
«Il nostro pensiero ambientalista va più in profondità che il semplice costruire un’auto ibrida». Così inizia un messaggio pubblicitario della Toyota on air in questi giorni su tutte le tv americane. «Il nostro nuovo impianto nel Mississippi, che comincerà a produrre auto ibride Prius nel 2010, è in costruzione con tutti materiali riciclati o comunque ecocompatibili, darà luogo praticamente a zero emissioni di biossido di carbonio nell’atmosfera, consumerà meno acqua, funzionerà quasi completamente con fonti energetiche rinnovabili».E’ la nuova frontiera dell’auto ibrida, cioè quella che va a benzina e/o a corrente elettricca. La crisi dell’auto e la caduta del prezzo del petrolio non sembrano fermare l’ascesa dei veicoli ibridi. Sembra resistere, dunque, la vocazione ecologica dell’auto: avallata dai bilanci dei fabbricanti più che dalla moda o dalle ideologie di marketing. E il colore green non permea soltanto il prodotto finito, perché comincia a coprire anche la filiera di produzione. Il risparmio energetico, il taglio delle emissioni di CO2 e l’impiego di fonti rinnovabili incidono ormai positivamente sulla competitività dei produttori. È la sfida verde alla crisi dell’auto? Forse. E Toyota insegna.In tema di ibrido, un nome per tutti è presente sul mercato: Prius, la vettura del gigante nipponico che per prima nel suo genere è stata proposta al consumo di massa. Dal 1997, Prius ha venduto in tutto il mondo 1,5 milioni di pezzi. Ma come funziona, più in generale, un veicolo ibrido? In esso il motore elettrico e quello a carburante coesistono, ma in modi differenti. Ce ne sono sostanzialmente due tipi. Nei sistemi che lavorano in serie, l’uso dei due motori non è contemporaneo: il motore a carburante genera la corrente per alimentare il motore elettrico, collegato alle ruote. L’energia superflua consente di ricaricare le batterie: il che permette di spegnere il motore a benzina e di utilizzare, con autonomia variabile, soltanto il motore elettrico, interamente ecologico.Nei sistemi che funzionano in parallelo, invece, i due tipi di generazione della trazione posso lavorare simultaneamente. Naturalmente, il motore a carburante è utilizzato anche per ricaricare le batterie: lo scopo è sempre quello di consentire il più possibile l’autonomia del motore elettrico. Dunque, automobili quasielettriche col sogno ultimo di emanciparsi completamente dal petrolio. E ora l’ultima frontiera, come testimonia l’evoluzione della Prius, è l’ibrida cosiddetta "plugin", ovvero con più potenti batterie, ricaricabili in appositi punti di rifornimento. Gli Stati Uniti sono diventati per Toyota un mercato sempre più permeabile, anche dal punto di vista della produzione: «Vogliamo produrre i veicoli nello stesso luogo in cui li vendiamo», è la filosofia dichiarata. Un giro, quello delle fabbriche impiantate negli Stati Uniti, da 36 mila posti di lavoro, con un indotto da 29 miliardi di dollari. E nel 2007 sono cominciati i lavori di costruzione del fiore all’occhiello: è l’impianto di Blue Springs, nel nordovest del Mississipi di cui si parlava in apertura. Uno stabilimento improntato alla filosofia green, dove non a caso si produrrà a partire dal 2010 la nuova Prius. Un investimento da 1,3 miliardi di dollari, per 2 mila posti di lavoro: per l’esattezza, quello di Blue Springs sarà il primo degli 11 impianti Usa per la produzione della Prius. Già oggi le fabbriche statunitensi del produttore giapponese aderiscono ad un codice ecologico aziendale, l’Environmental Action Plan, con esiti vistosi: un risparmio di elettricità nella catena di montaggio del 20%, cui si aggiunge un’attenzione specifica allo smaltimento dei rifiuti industriali e un risparmio nel consumo di acqua pari al 30%. E in uno stabilimento californiano, il 20% dell’energia viene dal fotovoltaico. Un’ispirazione che riguarda anche l’Europa, come dimostra la fabbrica superecologica di Valenciennes, Francia. Una corsa che non si ferma, quella dell’auto ibrida: lo scorso maggio, sulla spinta dell’impennata petrolifera, anche la Honda, il secondo produttore giapponese, ha annunciato la vendita di 500 mila auto elettriche all’anno, a partire dal prossimo decennio. E significativa appare la mossa di MidAmerican Energy Holdings (la società di Warren Buffett, secondo Forbes l’uomo più ricco del mondo), che meno di due mesi fa ha acquistato il 10% della cinese BYD, leader della tecnologia per auto ibride. Anche nel Vecchio Continente i maggiori produttori si stanno preparando al varo di nuovi veicoli elettrici. Uno slancio che è alla base degli accordi stipulati in queste settimane dalla Edf, colosso francese dell’energia, con Peugeot Citroën e con la stessa Toyota: in particolare sugli standard per le batterie e sui punti di rifornimento per le "plugin".
lunedì 24 novembre 2008
«Per le famiglie un risparmio da 2mila euro»
«La caduta del prezzo del petrolio, se il prossimo anno resterà ai livelli attuali, farà sì che ogni famiglia europea avrà a disposizione 2.000 euro in più per altri consumi. Sono risorse che possono dare vitalità all'economia». Lo ha detto l'amministratore delegato dell'Eni, Paolo Scaroni nel corso dell'inaugurazione dell'anno accademico 2008/2009 al collegio universitario Torrescalla di Milano.
L'amministratore delegato dell'Eni ne ha parlato nell'ambito di un discorso più ampio sull'attuale crisi economica. «Il risparmio energetico – ha spiegato Scaroni – potrebbe contribuire ad affrontare la futura fase economica. Per il futuro – ha aggiunto – è difficile fare previsioni, ma resto ottimista sul nostro Paese». Secondo Scaroni, infatti «abbiamo alcune cose che ci rendono più forti. Il nostro sistema bancario si è rilevato più solido in fasi come queste, non ha fatto operazioni spericolate. Siamo in una posizione migliore – ha concluso – e poi il nostro consumatore è meno indebitato, l'80% possiede la casa ed è quindi in una posizione più sicura per affrontare. (dal Sole 24 Ore)
L'amministratore delegato dell'Eni ne ha parlato nell'ambito di un discorso più ampio sull'attuale crisi economica. «Il risparmio energetico – ha spiegato Scaroni – potrebbe contribuire ad affrontare la futura fase economica. Per il futuro – ha aggiunto – è difficile fare previsioni, ma resto ottimista sul nostro Paese». Secondo Scaroni, infatti «abbiamo alcune cose che ci rendono più forti. Il nostro sistema bancario si è rilevato più solido in fasi come queste, non ha fatto operazioni spericolate. Siamo in una posizione migliore – ha concluso – e poi il nostro consumatore è meno indebitato, l'80% possiede la casa ed è quindi in una posizione più sicura per affrontare. (dal Sole 24 Ore)
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Un piano europeo per l'efficienza energetica
Di efficienza energetica e di energia pulita si parla molto in queste settimane sia negli Stati Uniti che in Europa. L’attuale crisi economica si innesta sulla situazione che fino alla scorsa estate vedeva il prezzo del petrolio ben al di sopra dei 100 dollari al barile, con conseguente corsa verso l’alto di benzina e gasolio. Ecco allora che su entrambe le sponde dell’Oceano Atlantico si cerca di sfruttare in positivo questa situazione. Il presidente eletto Obama ha promesso 5 milioni di posti di lavoro proprio nel settore dell’energia pulita. Anche il piano europeo all’esame della Commissione parla di investimenti in efficienza energetica e di tecnologie verdi in particolare nel settore automobilistico. A livello nazionale l’Italia dovrà decidere come muoversi sul fronte degli incentivi alla rottamazione che scadono a fine anno: potrebbero essere potenziati e ulteriormente orientati in senso ecologico. Sono invece già in vigore sostanziosi sgravi fiscali per l’efficienza energetica delle case.
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